Filosofia della vita quotidiana

di Eduardo Caianiello

- Numero zero -

Decidere di dare inizio ad una rubrica di filosofia della vita quotidiana, e decidere di chiamarla così, è cosa che in sé contiene un paradosso e una contraddizione. Ho intenzione di parlare di filosofia, certamente, ma è anche vero che non v'è scienziato che decida di parlare di una fisica dell'esperienza quotidiana sebbene l'oggetto di indagine della sua scienza sia da sempre questa penna che ora sto usando che se cade per terra lo fa (senza saperlo) secondo il modello della Relatività generale; o il caffè che ho davanti, che inesorabilmente va raffreddandosi, conformemente al Secondo principio della termodinamica. E tuttavia, nessun fisico si sente indotto a mostrare come il suo linguaggio, così tecnico e apparentemente astruso riguarda in verità i più banali eventi della quotidianità. Noi questo lo sappiamo, e ci fidiamo. E questo nonostante che la distanza tra quei modelli - nella loro espressione matematica - e il comportamento di questo caffè sia all'apparenza molto più radicale della distanza tra questa mia ormai imbevibile bevanda e le norme che essa ha seguito per condursi come s'è condotta.  Nonostante ciò, la fisica non ha bisogno di giustificarsi per il suo eccezionale livello di astrazione, mentre la filosofia sì.
Si potrebbe su questo cominciare un lungo discorso di storia della cultura e della civiltà ecc. ma non sarebbe a tema, perché appunto la storia della civiltà non attiene al quotidiano. Filosofia della vita quotidiana risulta allora, e vuole risultare, come un ossimoro e un'espressione internamente dissonante e provocatoria. Poter mostrare che  come la pera che cade dall'albero senza conoscere le leggi della fisica,  così il nostro quotidiano pullula di dispute teologiche, assunti aristotelici, o kantiani; che senza saperlo reiteriamo situazioni che la filosofia ha indagato in passato col suo liguaggio tecnico, è cosa che mi diverte e che stimola la mia creatività, che spero sarà all'altezza del compito. Trovare un filosofema effettivo  e percepibile per dar conto di una discussione all' ufficio postale o una trasmissione televisiva significa offrire un punto di vista alternativo su una situazione generalemente lasciata a se stessa, da chi la vive o vi assiste. La rottura di questi schemi ordinari nell'ordinario mai posti in discussione appartiene tipicamente all'arte: il pittore che dipinge un normalissimo fiore, o il drammaturgo che ridà una scena familiare ecc. La potenza dell'arte però si appoggia su un messggio che per se stesso è rivolto alla componente emozionale e profonda del fruitore. Assorbiamo l'opera, la viviamo senza arrivare per questo ad una comprensione analitica ed intellettuale della situazione che ci presenta. Il filosofare da sempre cerca di far questo, rinunciando alla potenza della bellezza:  rivolgersi alla stessa realtà profonda per così dire traendone alla luce per mezzo dell'articolazione logico-discorsiva la struttura essenziale.  Questa rubrica vuole essere una filosofia del quotidiano perché questo aspetto del procedere filosofico non verrà tradito. Il quotidiano  però ne sarà lo spunto costante, e resterà in vista : cosa che non accade tanto in un testo di filosofia come in quelli di qualunque altra scienza.  Tutto questo servirà a giustificare la filosofia, a darle un titolo di credito?
A prescindere dalle mi intenzioni, certamente sì, perché come ho detto, questa è la situazione attuale della disciplina. Poco male. Ogni percorso di ricerca ha in qualche modo la forma di un periplo: si vorrebbe andare dritti lassù sul monte, ma ci sono le fiere che te lo impediscono, o il Gran Curvo che ti impone il giro lungo, o le tempeste, le sirene ecc. È certo che in questo caso non si tratterà di una discesa agli inferi o di un viaggio di iniziazione: ma per poter utilizzare in modo non vacuo e non gergale un concetto filosofico, occorre sicuramente poterlo vedere in azione nella realtà più ordinaria. La filosofia è un sottoinsieme di quella realtà, e il linguaggio filosofico un sottoinsieme di quello quotidiano: si impara a parlare davanti alle pere e agli alberi, alla mamma e all'edicola dietro l'angolo. Poi  ce ne stacchiamo inventando la botanica e la psicologia del profondo, o la scienza dell'informazione. Occorre però poi tornare giù, come poi saper ritornare su.  Se sia, questo, un circolo vizioso o il periplo di Ulisse, a mio avviso dipende anche dai momenti in cui ci si pone la questione. Comunque sia, proprio questa sarà la nostra questione. La filosofia e il quotidiano si amano e si detestano. Quello che spero è di saper ridare la vivacità e la vitalità di questa interminale bega. A presto.

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