Bar

Marco Marengo


 
“Se vai in piazza adesso con centomila te ne compri uno”.
Il guardiano notturno sembra non ascoltare – come noi del restom- ed ordina un caffè ristretto. Il barman sorride e continua il monologo:
“Fai dei buoni affari se ti fai un giro in piazza, con centomila ti porti via un telefonino”.
I due caffè sono pronti, io e Sandro li sorseggiamo tra silenzi e brevi battute, risa e sguardi al televisore.
“Ho capito che stava succedendo qualcosa di strano… ero all’aeroporto, ho visto che c’era più polizia del solito” esclama il guardiano notturno, nel “masticare” il perenne sigaro che gli pende dalla bocca.
“Arrivi con due giorni di ritardo!” il barman, ridacchiando “il negozio l’hanno svaligiato lunedì, giorno di chiusura”.
Il guardiano posa la tazzina e, nel sistemarsi la pistola:
“Non li prenderanno mai”.
Nessuno ribatte: il barman è impegnato con nuovi clienti, Sandro è meditabondo sul caffè macchiato, io mi guardo intorno, e apprezzo la vita nei bar, la vita da bar: ci vuole talento a star fermi tutto il giorno su uno sgabello, a sbevazzare, a mettere soldi nei videopoker, ad ascoltare i discorsi dei clienti, insomma, a fare per tutto il giorno ciò che (in cinque minuti) mi ha dato l’energia per questo racconto. È breve, dannatamente breve lo slancio creativo: già si sta offuscando, sta svanendo l’immagine del bar e della breve storia che vorrei raccontare, ma i fatti sono realmente durati pochi minuti (poche righe) il tempo di un caffè.
Poi io e Sandro siamo usciti in strada, ed è stato come aver strappato in due un foglio: io e lui fuori (a dar vita ad un racconto) mentre dentro –nel bar- un’altra storia spezzata a svolgersi. Pochi passi e Sandro è andato via con l’ape, ed io sono entrato in laboratorio: un altro strappo.
Il guardiano – finito il caffè e la discussione - uscirà dal bar e, confuso tra i tuoni autunnali, si udirà – percepito solo dagli orecchi più fini - un nuovo strappo; e così avanti, divisioni su divisioni, ci ritroveremo sempre più soli, ma con molte storie da raccontare.

Ora sono solo, ed è sempre così quando scrivo, quasi sempre. 
Ora sono in attesa dello strappo tra me e me, della perdita di coscienza che mi porta a scrivere. Volontà, concentrazione, idee, ed essere di pessimo umore: al momento gli ingredienti ci sono tutti.
Lo slancio è finito, mai saprò quando giungerà il prossimo, come mai si sa chi ti colpirà alle spalle, per quanto tu creda di averlo sempre di fronte.
È “la bestia” che a volte agisce con impulsi che abbiamo dimenticato, che abbiamo soppresso, che in molti casi sono inutili, superflui…
…ma è meglio che usi i freni, sto affondando nel mistico e nella pretesa di dare delle risposte.
Me ne torno al bar. 



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Data di pubblicazione 8/10/2001
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