Farfalla notturna

Nicola Vassallo


 
 
Salerno, 19.07.2000
Carissima Chiara, 
viviamo tempi in cui è facile trovare un motivo per l'inquietudine e la sofferenza dell'anima. Di motivi se ne possono trovare facilmente ovunque, eppure io in questi giorni, soffro senza motivo. 
Lo cerco un motivo, lo cerco disperatamente, vorrei che ci fosse per concentrarmi su di lui e soffrire in silenzio. Invece urlo il giorno, urlo la notte, mi dibatto alla ricerca di un qualcosa, di un appiglio che non trovo, non riesco a trovare. Non riesco a trovare perché da sempre l'inquietudine cammina al mio fianco e di tanto in tanto mi rivolge la parola. L'inquietudine di vedere che un giorno si sostituisce all'altro, che il sole illumina e niente cambia, che la luna si affaccia e continua ad avere una luce che non riscalda. Ogni ora è uguale all'altra e anche quando sono fra le ombre rassicuranti della sera, io non riesco a trovare quel sentimento di pace e di serenità che mi spetta a cui devo credere per forza, che è un mio diritto e anche un mio dovere. 
Vorrei davvero conoscere un motivo reale, un motivo come ce ne sono stati tanti in passato che mi costringesse a guardarmi negli occhi e ad ammettere che sono inquieto per quello. L'ansia di trovare questo motivo è come un serpente che si morde la coda, e sono sempre punto e a capo! Ogni tanto credo di averne trovato uno e mi ci concentro: finalmente so a cosa attribuire la colpa, ma questi fuggevoli alibi mi sfiorano e vanno via di corsa senza lasciarmi il tempo di capire, di credere ancora. Allora chiudo gli occhi, abbasso il capo e vado avanti! 
Ciò che mi riesce a dare ristoro è il silenzio e il minor contatto possibile con le persone. Soprattutto con quelle che mi conoscono meglio. Può sembrare paradossale ma in questi momenti io mi nascondo proprio a quelle persone che potrebbero darmi un conforto, un sorriso. Mi nascondo anche da te. 

Per fortuna che ci sono le mie parole scritte, che scivolano silenziose e discrete su questo foglio e non mi danno ansia, non mi creano inquietudini, anzi riescono a fare uscire pensieri e sensazioni facilmente. 

A volte vorrei davvero che la mia mente si rifugiasse nella pazzia, nel compromesso con la razionalità, forse staccando completamente i fili con questo mondo reale riuscirei con più serenità a concedermi il lusso di un silenzio completo. Così ieri, per saggiare questa pazzia, mi sono messo a parlare con la mia Vespa, nel garage lontano da chi avrebbe potuto giudicarmi. Dopo un pomeriggio di silenzio totale ho sentito la mia voce uscire allo scoperto scavalcando i pensieri. Non so che suono aveva e nemmeno se ho pronunciato davvero delle parole, ma parlare ad un oggetto inanimato, contagiato solo dal mio senso di possesso verso una cosa che mi porta in giro, mi ha per un attimo fatto sentire meno solo. Lo so che è assurdo, paradossale e irrazionale, so che è difficile capire e nemmeno voglio che così sia, ma io sono un cacciatore di sensazioni ed emozioni, anche nuove e sconosciute. Così vado alla ricerca e sperimento. Restarmene sempre a pensare e a ricercare continuamente dentro l'anima so che non serve e così a volte devo cercare fuori, devo guardare all'esterno. 
Ricordo certi periodi in cui uscivo da casa all'una di notte e me ne andavo sparpagliando in giro la mia ansia. Probabilmente lo farò ancora. Ieri sera me ne è venuta la voglia. Mi stavo quasi organizzando, ma la stanchezza ha preso il sopravvento. Non è escluso che lo faccia. Proiettare e disperdere all'esterno l'irrequietezza dell'anima, la sofferenza sorda e immotivata può, forse, non dico alleggerire ma almeno distrarre e rompere equilibri fatti sempre delle stesse cose, degli stessi ritmi, delle consuetudini ritualizzate della mia vita. 

"L'impotenza del pensiero è la sola follia oggi che posso permettermi: l'immenso rimpianto di aver concluso l'inevitabile si appresta a circondarmi e a divorarmi". 

Non preoccuparti che mi sento libero di fare quello che voglio, di scrivere o non scrivere, di rispondere a telefono o non rispondere. 
Lo so, è difficile. 
Ho sempre avuto la responsabilità solo di me stesso, questi fiumi di parole li ho sempre tenuti per me; se a qualcuno ho confidato qualcosa e sono stato anche confortato, poi sono fuggito. La mia discrezione, la mia introversione oppure aristocrazia, chissà, mi ha sempre tenuto lontano da dire queste parole, da scrivere di queste cose. Non per paura di essere giudicato e non capito, ma perché non ho mai voluto che la mia inquietudine e irrequietezza si riversasse su altre persone. Sì, forse l'incomprensione può essere stata una molla nascosta...probabilmente, ma il sentimento di rimanere nascosto e privato di ogni realtà e virtù è sempre stato più forte di me. Come se dovessi nascondere un vizio di vivere e il sentimento di vergogna per questo vizio rimane come l'angoscia più distesa e feroce che la mia anima possa sopportare. 

Carissima Chiara, prendi così queste parole, leggile come fossero letteratura, non considerarle verità, perché forse sono menzogne, le menzogne di un'anima che non si rassegna e si dibatte come una farfalla notturna rimasta prigioniera in un lampada notturna e per non bruciarsi le ali sbatte contro il vetro fino a rimanerne morta. 

"L'irrequietezza dei miei sentimenti, costantemente si scontra con l'inesperienza del vivere. Come fosse un sogno rispetto ai coaguli della vita che si abbrevia ogni giorno". 

Ti assicuro che questa mia inquietudine la considero corretta e importante. La sento che non è sterile e che nonostante tutto riesce a stimolare la mia mente verso pensieri che potrebbero concretarsi anche in scrittura, in creazione. Ho la scrivania e il letto con molti libri. C'è il "Libro dell'Inquietudine" di Pessoa, "Liberaci dal male oscuro" di Cassano, le Poesie della Merini, vari libri di scienza e uno due di filosofia. Non li leggo, a volte ne sfoglio qualcuno, ne accarezzo le pagine e leggo una due righe. Solo l'odore dei libri mi ricorda che sono vivo e che ho la giustificazione a rimanere così proprio per le parole scritte in questi libri. 
Sono miei percorsi, carissima Chiara, lenti percorsi che mi accompagnano da anni, forse da sempre, a cui sono abituato e che non ho mai drammatizzato. Anche se queste mie parole, queste mie lettere potrebbero sembrare il contrario. Ma ti scrivo e ti dico quello che sento e vorrei davvero che tu leggessi queste mie come fossero frammenti di libri e che non ti preoccupassi per me, perché davvero non ce n'è motivo. Questo per me è importante.

Un abbraccio 
Nicola



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Data di pubblicazione 28/7/2000 
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